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Alle radici dell’ecofemminismo vi è il riconoscimento che vari sistemi di oppressione si rinforzano a vicenda. Prendendo spunto dall’analisi femminista socialista che vedeva razzismo, discriminazione di classe e sessismo come connessi, le ecofemministe hanno riconosciuto ulteriori somiglianze tra queste forme di oppressione umana e le strutture oppressive dello specismo e del dominio sulla natura. Uno degli impeti iniziali per il movimento ecofemminista fu la presa di coscienza del fatto che la liberazione delle donne – lo scopo di tutte le correnti del femminismo – non poteva essere completamente raggiunta senza la liberazione della natura; e allo stesso modo, la liberazione della natura così ardentemente desiderata dagli ecologisti non si realizzerà senza la liberazione delle donne.
Le attiviste ecofemministe hanno lavorato nei movimenti ecologisti, contro le nocività, nel movimento delle donne, in quello di liberazione animale, e nel movimento contro il capitalismo. Ma nonostante molte ecofemministe riconoscano l’eterosessismo come un problema, manca ancora un’esplorazione sistematica delle potenziali connessioni tra le teorie ecofemministe e quelle queer. Analizzando le costruzioni sociali di ciò che viene descritto come “naturale”, i vari utilizzi del cristianesimo per logiche di dominio, e la retorica del colonialismo, questo saggio cerca quelle interconnessioni teoriche e spinge sull’importanza di sviluppare un ecofemminismo queer.