La bussola nel caos

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La bussola nel caos è una fanzine partecipativa di ispirazione antipsichiatrica, ideata per avere uno strumento per navigare attraverso le crisi, i brutti periodi, o anche solo le difficoltà che capitano a tutt*.
E’ un piccolo tentativo di empowerment ed autonomia nella gestione psico-emozionale, per andare oltre alla delega e alla patologizzazione, ma soprattutto per riflettere su di sé, sul concetto di cura, su che vuol dire stare bene al di là di cosa è considerato “sano” o “normale”. E’ un invito concreto a liberarci tra di noi e liberare il mondo che ci circonda, perché anche la cura è una questione politica.

Facendo a pezzi la cultura della monogamia

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Con questo testo si vorrebbe inaugurare un ragionamento: che cos’è la cultura della monogamia? Come funziona, che effetti ha sulla società in cui viviamo, sulle nostre vite e sulle nostre identità?
Si vorrebbe identificare e discutere i problemi che da questa cultura scaturiscono, collegarla ai processi economici che la determinano e proporre alternative economiche e relazionali che tendano alla costruzione di relazioni più libere, coscienti, responsabili: un ottimo inizio per andare verso il superamento del sistema patriarcale capitalista.

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Gli “spazi safe” ci mettono in difficoltà?

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In reazione all’utilizzo sempre più significativo delle espressioni «sentirsi safe» e «spazio safe» negli ambienti femministi e/o transfrocilesbo e queer, francesi ma non solo, questo contributo cerca di interrogare il loro significato politico.

“La volontà di condividere queste riflessioni è uno dei motivi che ci ha spinti a scrivere questo testo, che vorremmo potesse essere un apporto alle discussioni che ci piacerebbe avere in questi giri.”
“Abbiamo constatato che quando viene utilizzato il termine -safe- non si intende per forza la stessa cosa, e che questi significati diversi che si danno alla parola implicano anche visioni politiche diverse, che non sono però esplicitate. Abbiamo quindi avuto voglia di rendere visibile e di analizzare l’ambiguità che esiste rispetto al termine safe. E anche di soffermarci sulle implicazioni politiche che conseguono ai differenti usi della parola.”